martedì 25 settembre 2012
Colori d' islanda
Inserisco un estratto della descrizione del viaggio fatta da Enzo Rognoni (le foto sono mie)
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Se ne parlava da qualche
tempo, e stavolta la si è presa sul serio. Massimo, Franco, Beppe ed
il sottoscritto si sono lasciati sedurre da questo mondo per certi
aspetti affascinante, ma in apparenza difficile per le condizioni
climatiche, con l’intento di riuscire a visitare il più possibile
e di non lasciarsi sfuggire le opportunità che una tale terra sa
offrire.
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Il programma preparato da
Massimo prevedeva il tour dell’isola (in senso antiorario) con
alcune significative puntate verso l’interno.
Primo impatto, dopo
l’atterraggio a Keflavik a tarda ora, è stato l’incontro con il
proprietario di un ostello che avevamo prenotato da casa che ci ha
fatto da taxi fino a destinazione. Persona affabile e disponibile ad
aiutare gli stranieri, in perfetto stile Islandese. Tempo da lupi,
vento ed acqua; in linea con le attese.
Dopo un meritato riposo
(ottimo l’ostello), ma di buon’ora, ci è stata consegnata l’auto
prenotata (4 ruote motrici, Hyundai Terracan) che ci è stata
indispensabile, visto la quantità di piste percorse.
Franco ha subito preso
posto alla guida dell’automezzo ed ha tenuto duro fino alla fine
del trekking. Senza ulteriori perdite di tempo abbiamo fatto rotta
verso il “circolo d’oro”, luogo tra i più frequentati dai
turisti, nel parco nazionale di Thinvellir, al confine tra la placca
continentale nordamericana ed europea , già luogo di raduno del 1°
parlamento (anno 999); qui abbiamo ammirato la grande apertura della
faglia, di seguito l’area geotermale con geyser, davvero
impressionanti, ed infine le bellissime cascate di Gullfoss, elemento
molto frequente nel panorama islandese.
Primo posto tappa ad
Hella, a sud-est, per prepararci ai più che attesi 4 giorni di
trekking, tra i ghiacciai Myrdalsjokull e Tindfjallajokull. Da Hella
abbiamo utilizzato un pullman della Compagnia Reykjavik Excursions
attrezzato a superare guadi (molta attenzione è dedicata al turismo,
importante voce nell’economia del Paese) che ci ha condotto, per un
brutto sterrato, a Porsmork, con sosta nei pressi del cratere del
vulcano Eyjafjallajokull, austero ed imponente, famoso a causa
dell’eruzione del 2010 per aver messo in crisi gli aeroporti di
mezz’Europa.
Da Porsmork, con uno
zaino che sfiorava in peso i 15 Kg e in condizioni meteo ottimali,
abbiamo iniziato il trekking di quattro tappe (il più noto e
frequentato del Paese), appoggiandoci a rifugi che offrivano solo
cucina e posti letto, verso Landmannalaugar, con prima sosta a
Botnar-Emstrur, seconda a Aftavatn, e terza a Hraftinnusker, per un
totale di circa 60 km, con dislivello di circa 2000 metri, il tutto
in 21 agevoli ore di cammino.
Il paesaggio è andato crescendo in bellezza, attraversando prima distese di colate laviche, poi canyons, poi verdeggianti valli con magnifici laghi, poi fumarole che facevano pensare all’inferno dantesco, ed infine ghiacciai, il tutto con alcuni guadi da superare. Infatti sui trails ci sono pochissimi ponti: solamente dove la quantità e l’impetuosità delle acque sono importanti. Per guadare i torrenti la cosa migliore è stata levarsi scarponi e braghe ed attraversare con passo veloce, poiché l’acqua era piuttosto fredda. Davvero ci siamo riempiti gli occhi di meraviglie in questi 4 giorni. Durante la terza tappa siamo persino saliti sul monte Reykjafjoll (vulcano), raccogliendo sulla sommità bei pezzi di ossidiana. Bellissima vista di lassù, sui circostanti ghiacciai. A fine del trekking ci siamo concessi un meritato bagno nelle acque termali calde, per ristorare le stanche membra. Con un altro pullman abbiamo fatto ritorno ad Hella, sempre su impegnativo sterrato e svariati guadi, passando in prossimità del vulcano Hekla, il più attivo d’Islanda. Sono stati quattro magnifici giorni, con condizioni meteo davvero eccezionali, che hanno sorpreso un pò tutti; siamo stati davvero fortunati.
Per foto e relazione del trekking vedi http://ilblogdimax49.blogspot.it/2012/09/lauverginn-trekking-da-landmannalaugar.html ,
per i fiori vedi http://ilblogdimax49.blogspot.it/2012/08/fiori-d-islanda.html
Le tappe successive ci
hanno visti proseguire verso est, seguendo la costa sud, imbattendoci
in magnifiche cascate (Seljandfoss e Skogarfoss) per poi più a est
fare sosta su spiagge nere di sabbia basaltica (Dyrholey), che
intervallavano superbe scogliere. Qui abbiamo ammirato un gigantesco
arco scavato dall’Oceano sulle scogliere ed interessanti canne
d’organo sempre in basalto (fenomeno ricorrente in Islanda). Ma la
cosa più carina è stato il primo impatto con le pulcinelle di mare,
in quest’area che è dedicata ad oasi di protezione. Curiosi
uccelli, dai vivaci colori, che nidificano tra i cespugli d’erba
che crescono sulle scogliere. Sempre più ad est ci siamo fatti
tentare da una incursione di una trentina di km verso l’interno in
una valle selvaggia (Thakgil), mettendo a dura prova Franco che
guidava sullo sterrato non sempre buono, con un susseguirsi di fiumi
di lava e di canyons. L’intenzione era quella di fare poi
un’escursione a piedi, ma le condizioni meteo ce lo hanno
sconsigliato. Prima di fare tappa a Skaftafell abbiamo ancora
visitato Kirkjubaerklaustrur, con lago e resti di un convento di
suore benedettine (pavimento basato su canne d’organo levigate),
giustiziate perché a dire della popolazione del tempo si facevano
sedurre dal demonio.
Il giorno seguente, per
non perdere l’abitudine a camminare, abbiamo percorso di un anello
di 17 Km (Skaftafellsheidi), con dislivello di 700 mt., salendo il
monte Kristmartihdar per ammirare il ghiacciaio di
Breidanmerkurjokul, nel massiccio del Vatnajokull e la laguna
glaciale di Jokulsarlon.
Sulla laguna ci siamo
concessi un’escursione con un mezzo anfibio per vedere da vicino
gli icebegs: è questa anche un’oasi di riproduzione di foche, ma
in questa stagione migrano in mare aperto per partorire. Nel
prospiciente mare ne abbiamo avvistate alcune. Tappa ad Hofn.
Spostamento successivo
verso nord-est in direzione Egillstadir attraverso fiordi
(Berufjordur, Faskrudsfjordur e Reydarfjordur), e poi uno sterrato,
sul quale era evidente il divieto ai mezzi con sole 2 ruote motrici,
che ci ha portati verso il lago dove è allocata Egisstadir. Visita
finale al fiordo di Borgafiordur, area privilegiata per il
birdwatching. Vedi anche http://ilblogdimax49.blogspot.it/2012/08/uccelli-d-islanda.html
Dall’estremo est
abbiamo iniziato a ripiegare verso nord-ovest attraversando un
altipiano desertico di lava (Jokuldasheidi) prima di fare sosta alle
imponenti cascate di Dettifoss / Selfoss, dove abbiamo percorso un
interessante trail lungo il fiume Jokulsa.
Non potevamo perdere il
luogo più a nord dell’isola, che lambisce il circolo polare
artico, dunque abbiamo puntato decisi a nord ed abbiamo percorso
completamente la penisola di Merrakkasletta, fino a Hraunhafnartangi
(sterrato a volontà). Abbiamo visitato un interessante cratere
(Raudinupur), un’ulteriore oasi di protezione uccelli (copiose le
sule e le pulcinelle) prima di chiudere l’anello su Asbyrgi,
percorrere il perimetro della penisola di Tjornes e far meritata
tappa a Husavik.
Tappa successiva sul lago
di Myvatn, caratteristica per i molti ruscelli che lo alimentano, le
circa 50 isolette, vulcani e soffioni a far da corona; luogo altresì
molto noto per il birdwatching (anatre ed uccelli acquatici). Anche
qui trekking tra grotte con sorgenti solforose e calde, salita su di
un imponente cratere con diametro di oltre 1 km (Hverfell), visita
ad interessanti concrezioni vulcaniche (Dimmuborgir), pozze di fango
in ebollizione (Hverir), laghetto vulcanico su fondo di cratere
(Storaviti), ed impressionanti aree vulcaniche (Krafla e Namaskard)
in mezzo a possenti fumarole. Notte un uno chalet decisamente
confortevole, a Myvatn, con le solite abbuffate serali.
Al mattino presto,
svegliati da Beppe che alle 4 ha pensato di farsi la barba per
anticipare i tempi, ci siamo diretti per la più che attesa
escursione su sterrato ai limiti della percorribilità, per
impegnativi guadi, verso l’area della caldera di Askja ed il lago
Viti, area allocata oltre 100 km in direzione sud, situata
immediatamente a nord del massiccio glaciale Vatnajokull. Inutile
dire che il percorso era consigliato a soli mezzi con 4 ruote
motrici: lungo il percorso di andata non abbiamo incontrato più di 3
auto, la parte significativa di queste presso la casetta del ranger.
Ma prima di tale oasi umana abbiamo dovuto superare 2 guadi, il
secondo dei quali ci ha lasciati con il fiato sospeso. Ci avevano
detto che avevano provveduto ad immettere ghiaia nel guado, per
diminuire l’altezza dell’acqua, ma giunti nel bel mezzo la
macchina ha spanciato sulla ghiaia e le ruote sono rimaste per un
attimo senza contatto con il suolo. Silenzio tombale all’interno
dell’auto; l’acqua sarà stata alta circa 70 cm, ma la buona
chiusura le portiere stava “tenendo”. In pochi secondi l’auto
pian piano ha ripreso a muoversi e Franco ha mostrato tutta la sua
bravura nel superare il guado. Applauso generale appena giunti in
salvo! A chi avremmo potuto chiedere aiuto? Quando mai sarebbe
passato di lì qualcuno? Fortuna a queste domande non è servita
risposta…, ripresa la via abbiamo fatto una breve sosta con
l’intenzione di chiedere al ranger informazioni sul tratto
successivo, visto che ci attendevano altri 2 guadi. Con sorpresa
abbiamo scoperto, da un biglietto affisso sulla porta della casetta,
che il ranger era quel giorno ad Askja e che sarebbe rientrato solo
nel pomeriggio. Non ci è rimasto che ripartire, intanto eravamo nel
ballo, e dovevamo comunque ballare! Siam passati sotto la regina
delle montagne islandesi (Herdubreid), formazione simile alle mese
sud americane, ma causa nebbia non l’abbiamo vista. Spiace per
Beppe che la aspettava da tanto…Sosta successiva nei pressi di
altre interessanti cascate e, superati guadi meno impegnativi, siamo
finalmente giunti alle 11,30 ad Askja, ad una quota di 1100 metri. Il
ranger, bella ragazza (che sorpresa!), stava pulendo i WC (in Italia
ciò non sarebbe successo) ma ci ha rassicurati sulla parte restante
del percorso. Le condizioni meteo, brutte tutto il giorno, non sono
migliorate e siamo partiti sotto la pioggia, con mantelline ed
ombrellini, in direzione della caldera, una delle formazioni
geologiche più interessanti in Islanda. Tale caldera (Oskjuvatn),
profonda oltre 200 mt, è stata creata da un’eruzione del 1875.
Vicino a questa, un
cratere (Viti), frutto di un’esplosione vulcanica; sul fondo un
laghetto con acqua sui 30°C. L’idea iniziale era di fare il bagno
nel laghetto, ma il pantano creatosi dalla pioggia che rendeva quasi
impossibile scendere il cratere, ed il freddo esistente (vicini allo
zero termico), ce lo hanno sconsigliato.
Dopo il ritorno all’auto,
bagnati che meritava, ci siamo cambiati e dopo la sosta pranzo
abbiamo, per altra via (più facile ma meno interessante) fatto
ritorno. Interessante sosta a Mondrudolir, dove abbiamo visto
antiche case costruite con torba, ricoperte con erba su fianchi e
tetto, ed abbiamo potuto fotografare bellissimi cuccioli di volpe
polare. La gestrice del piccolo ristoro ha servito un ottimo brodo di
carne, già consigliato dal ranger ad Askja. Ritorno a Myvatn, ma
stavolta con pernotto in un container con un gruppi di polacchi,
francesi ed italiani, a far la fila per cucinare.
Lì abbiamo capito che la
maggior parte dei turisti si ferma nei posti più facilmente
accessibili; solo i più determinati osano affrontare le difficoltà
che consentono di raggiungere bellezze più difficili.
Il giorno successivo,
tornati per così dire in clima turistico, ci siamo diretti sulla
costa nord puntando verso Akureyri, con sosta alle cascate di
Godafoss. La tradizione vuole che il nome delle medesime (cascate di
Dio) derivi dall’aver gettato nelle acque, da parte di Borgeir,
capo tribù del distretto di Ljosavatnd e legiferatore di Althing, le
statue degli antichi dei pagani. Ciò pare sia successo intorno
all’anno 1000, durante una Saga, dopo la sofferta scelta di
convertite l’Islanda alla religione cattolica.
Akureyri è una cittadina
molto bella, che offre molto ai turisti, la 2.a per numero di
abitanti in Islanda (18.000 abitanti). Luogo di partenza per
avvistare balene, un po’ come tutti i porti del nord Islanda. Ci
siamo gustati un interessante museo sul folclore locale. Abbiamo poi
risalito la penisola sulla quale è allocata la città fino a
Siglufjordur, un tempo interessante centro per la pesca delle
aringhe, ora scomparse (visita a significativi musei sulla pesca).
Presenti lungo i fiordi vari essiccatori di merluzzi, la cui pesca
non viene fatta in estate. Pranzo a base di pesce del baltico in una
solitaria e rara trattoria. Prima di far tappa a Blonduos abbiamo
ancora visto una interessante chiesetta fatta di torba (1000) e la
cattedrale di Holar.
Il giorno successivo
abbiamo continuato lo spostamento verso ovest visitando la penisola
di Vatsness, su sterrato educato, famosa per la vista delle foche.
Con fatica per le poche indicazioni turistiche (strano, forse
vogliono proteggere dai turisti questi mammiferi di mare), abbiamo
trovato presenza di molte foche tra l’estuario di un torrente ed il
mare, ma dalla riva opposta a dove eravamo allocati. Ci siamo
divertiti a scattare diverse foto, ovviamente a massimo ingrandimento
ottico. Lasciata la penisola ci siamo diretti decisamente ad ovest,
seguendo una strada senza fine che entrava ed usciva da vari fiordi,
verso la penisola di Snaefellness per risalire a fino a
Stykkisholmur, cittadina nota per la conservazione della cultura
storica locale, già luogo rinomato per la pesca. Visita al bel
porticciolo, alla prospiciente isola ed alla nuova chiesa luterana
nella parte alta della cittadina. Rientro in serata a Reykjavik,
capitale più settentrionale d’Europa, via tunnel sottomarino in
zona Borgafjordur.
La capitale ci è parsa
subito di grandi in dimensioni, forse anche per la quasi totale
mancanza di palazzi e palazzoni, costellata invece da un agglomerato
di infinite casette. Interessante centro, con bei musei (nazionale e
marittimo), centro città singolare e caratteristico per le tipiche
casette di legno dipinto mescolate a costruzioni più moderne che
bene si integrano tra di loro, chiesa cattedrale luterana imponente
(la facciata ricorda le canne d’organo di basalto più volte viste
qua e là nel corso della visita), con organo dotato di oltre 1000
canne. Abbiamo anche avuto la fortuna di ascoltare dei brani sacri,
suonati da una organista abbastanza brava.
Reykjavik è forse
l’unico luogo, insieme con Akureyri, attrezzato con molti bei
negozi che invogliavano allo shopping. La restante parte dell’isola
ne è molto poco servita. Pomeriggio e sera di intensa visita.
Il giorno dopo, ultimo di
soggiorno in Islanda, lo si è dedicato alla visita della penisola
Reykianes, interessata da fenomeni geotermici e luogo di pesca nonché
di lavorazione del pesce. Spicca tra tutte le bellezze da vedere la
notissima laguna blu (sorgente di acque termali), con ingresso a
pagamento e per di più gettonatissima dai turisti, dunque ci è
parso bene vederla solo dal di fuori.
Visitati poi, sotto la
pioggia, altri interessanti luoghi, quali il ponte tra i continenti
(faglia che divide le due placche tettoniche euroasiatica e
nordamericana) a Sandvik, le scogliere (Eldey) dove nidificano molti
uccelli marini e le fumarole con annesse sorgenti calde (Krisuvik).
Rientro direttamente in
aeroporto, con riconsegna dell’auto, ennesima razionalizzazione del
contenuto delle valigie, frugale cena e lunga notte in aereo (fuso
orario 2 ore in anticipo sull’Italia), fino allo sbarco a Malpensa,
dopo uno scalo per cambio aeromobile a Stoccarda.
E’ stata una bella
vacanza dove ci siamo integrati abbastanza bene: Franco ha fatto da
autista e dato una mano per corvè di cucina, Massimo navigatore
professionale ed ottimo preparatore del viaggio, Beppe sempre dedito
a lavori umili, principalmente lavapiatti e corvè di cucina, il
sottoscritto si è ritrovato nei panni del cuoco, con l’ausilio di
Massimo, oltre che a tenere i conti. Ci siamo fraternamente suddivisi
anche i posti letto, a volte per mancanza di posti anche il
matrimoniale, fatto bucati mettendo insieme le cose da lavare, quando
gli ostelli disponevano di lavatrici, e non siamo mai venuti neppure
al minimo diverbio. E non è poca cosa…
In estrema sintesi: 15 giorni la durata del viaggio, 3.000 km percorsi con l’auto, 500 dei quali su sterrato, circa 100 in pullman attrezzato, oltre 100 km di trekking, con circa 3000 mt. di dislivello superati, e molte, molte cose viste. Non ci si è fatti sconti su nulla, le nostre giornate erano organizzate a pieno “lavoro”, pranzo di norma con panini, abbondante cena preparata in casa (tutto carissimo in Islanda), riunione serale per consuntivare la giornata trascorsa e programmare la successiva, riposo dalle 22 (più tardi 23) alle 6 del mattino, ed anche prima. Vita quasi da educandi. Si è data priorità alla visita dei luoghi. Ed abbiamo sinceramente visitato molto. Di più in quel lasso di tempo non si sarebbe potuto. Dei molti turisti incontrati nessuno aveva progetti così ambiziosi. Le condizioni meteo ci hanno decisamente graziati: dopo il brutto tempo incontrato all’arrivo abbiamo avuto sempre tempo bello, a parte gli ultimi 3 giorni, che peraltro ci son serviti da spostamento, con specifiche visite mirate.
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